Entra in vigore da inizio anno prossimo l’aumento delle tariffe telefoniche con la percentuale indicizzata Istat. Nuova piaga per gli aumenti?
L’idea non è nuova, risale addirittura a metà 2022, quasi due anni fa, ma da allora la strada è state delineata molto, soprattutto dagli operatori telefonici che da circa 1 anno e mezzo hanno inserito nei loro contratti, una rimodulazione bella e buona.
Torniamo a parlare dell’aumento mascherato e legato agli attuali “modus operandi” che tutti seguono, ciò indicizzato all’inflazione come un qualsiasi altro bene di consumo ed utilizzo comune. Una follia, che però in molti se la sono dimenticata.
Il discorso è chiaro, dall’1 gennaio 2024, le tariffe telefoniche saranno indicizzate all’inflazione e in base all’aggiornamento Istat le tariffe telefoniche saranno aumentate. La clausola, inserita nei contratti, prevede un aumento arbitrario ed uno fisso.
Infatti WindTre e TIM hanno già messo le cose nero su bianco, e se gli operatori aumenteranno i propri prezzi secondo i tassi comunicati dall’Istat, WindTre ha fatto di più comunicando un aumento minimo del 5% anche se il tasso di inflazione sarà più basso.
Un aumento bello e buono mascherato e di fatto autorizzato dal governo e dagli enti pubblici. Non tutti però hanno inserito “l’aumento Istat” ma ad esempio Vodafone ha modificato questi aumenti come “aumenti programmati” ma al momento solo sulle utenze business sottoscritti dopo il 2 agosto 2023.
Vodafone si sgancia dall’indice Istat per obbligare i clienti ad accettare di fatto una clausola tariffaria bella e buona. Insomma il 2024 sarà l’anno zero delle tariffe telefoniche che vedranno una serie di aumenti e rimodulazioni a go go, ed il mobile non è escluso.
Il problema è il baco informativo, a cui tutte le istituzioni che ci proteggono non sono mai riuscite a porre rimedio, ed ovviamente gli operatori telefonici ne sanno una più del diavolo inserendosi in buchi contrattuali che possono sfruttare al massimo per guadagnarci.
